Marzo 2020 - Stefano Goffi, da una conversazione con Laura Eduati
Scegliere
L’isolamento l’ho scelto consapevolmente a vent’anni rimanendo a vivere con la mia famiglia e un pugno di abitanti a Stacciola, una minuscola frazione di San Costanzo a pochi chilometri da Fano e da Senigallia. Da quel giorno sono passati 35 anni e in questo lasso di tempo il mio borgo è rinato: sembra un paradosso ma è proprio quello che è accaduto.
Vi racconto come è andata. A metà degli anni ’80 a Stacciola eravamo rimasti in quaranta: il colpo finale è stata la chiusura del piccolo negozio di alimentari e dell’asilo dove confluivano tutti i bambini di San Costanzo. Avevo circa 22 anni ed ero appena entrato a lavorare in una banca a Pesaro: ogni mattina percorrevo 35 chilometri per arrivare alla sede e la sera tornavo indietro. I miei colleghi mi prendevano bonariamente in giro: “Ma perché non ti prendi una casa a Pesaro?”. Per me era una proposta quasi indecente: io a Stacciola sono sempre stato benissimo perché amo la tranquillità e non mi sono mai sentito solo. Siamo una unica grande famiglia e se qualcuno ha bisogno di aiuto trova sempre qualcuno disposto a dargli una mano.
Darsi da fare
Però è vero, in quel momento il borgo era morto e rischiavamo davvero di vivere in un paesino fantasma: erano sparite anche le feste popolari come la sagra della giuggiola e i contadini della zona che facevano riferimento alla parrocchia di Stacciola si lamentavano che ormai non c’era più nessuno in giro.
Così ci siamo dati da fare. Ci siamo riuniti e abbiamo cominciato a far circolare le idee per la rinascita di Stacciola: volevamo rimanere nel borgo, ma non sepolti nella solitudine. L’isolamento è bello perché in realtà non sei mai solo, e quando vuoi rimanere in santa pace non devi mandare via nessuno – perché non c’è nessuno. E poi con la macchina in pochi minuti arrivi al mare, puoi andare a Fano oppure a Mondolfi, al supermercato e anche in discoteca – anche a se a me la discoteca non è mai mancata.
Negli anni abbiamo organizzato molte attività: dal cineforum dentro i locali della parrocchia ormai deserta alla Luis (Libera Università Interculturale Stacciolana) dove ciascuno insegna agli altri il proprio sapere oppure invita un esperto. E poi, sempre dagli anni ’80, abbiamo voluto far rivivere la tradizione della crescia, un pane tipico di questa zona, dunque organizziamo la festa della crescia e proprio in questi giorni tutti insieme andremo a raccogliere i tralci di vite: le fascine serviranno per cucinare questo prodotto profumatissimo.
Condividere
Non è finita: ogni 2 giugno chi viene a Stacciola può partecipare alla colazione della Repubblica. La mattina alle otto ci ritroviamo nel giardino della ex parrocchia, alziamo il pennacchio con la bandiera tricolore e recitiamo qualche articolo della Costituzione, poi ognuno mette in tavola del cibo preparato per l’occasione: trippa con i fagioli, agnello arrosto, insalata. E mangiamo tutti insieme, come capita quasi ogni sera d’estate, quando raramente ceniamo in casa e preferiamo invece ritrovarci in compagnia per condividere il cibo. È semplicemente meraviglioso.
A queste perenni cene sociali partecipa, devo dire, la parte estroversa di Stacciola: una trentina di persone. L’altra metà della frazione preferisce vivere ancora più in solitaria: non li capisco, ma ognuno è fatto a modo suo. Il fatto è che con il tempo Stacciola si è rianimata: qualche abitante lo abbiamo recuperato dalle città, nel senso che dopo una visita emozionante nella nostra frazione ha deciso di trasferirsi qui. È il caso di uno degli animatori di Stacciola, il mio amico Nicola Gaggi. Grazie a tutte queste attività, ora nel borgo siamo una settantina e stiamo benissimo.
Ritornare
Mi chiedono se vivere in un luogo così isolato e periferico ha comportato rinunce: forse ho dovuto restringere le possibilità della mia carriera, ma sono felice della vita che ho avuto fino a questo momento. Abbiamo Netflix, l’abbonamento a Sky, usiamo il cellulare: non siamo lontani dalla civiltà.
Il fine settimana, poi, tornano coloro che sono nati a Stacciola ma ora vivono altrove, e d’estate arrivano persino gli inglesi che hanno acquistato una casa vicino alla nostra. È vero, l’età media non è bassa ma posso raccontare due aneddoti che fanno capire come la nostra speranza sia viva: innanzitutto mia figlia trentenne, fisioterapista in un ospedale di Ancona, dopo qualche peregrinazione ha deciso di tornare a vivere proprio qui, a Stacciola.
Diventare... zii
E infine cinque anni fa è nata Flora, la prima bambina venuta alla luce nel borgo dopo cinquant’anni. Quando a sua madre son cominciate le doglie stavamo sotto le sue finestre a giocare a morra, il padre ogni tanto ci chiedeva di non urlare perché ormai la moglie stava partorendo in casa. E così è stato: è arrivata Flora, bella e sana, e mi piace pensare che sia nata in mezzo a tutti gli zii acquisiti di Stacciola.
Stacciola a SharryLand: scopri
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Credits foto: amici in accanto al forno della Crescia: Luigi Alberton - Paesaggio: Nembo Cassano - Stefano Goffi: Stefano Goffi - Amici intenti a fare la crescia: Luigi Alberton - Amici che raccolgono i tralci di vite per il forno: Paolo Gioacchini